L'ombra del collezionista by Jeffery Deaver

L'ombra del collezionista by Jeffery Deaver

autore:Jeffery Deaver [Deaver, Jeffery]
La lingua: ita
Format: mobi, azw3, epub
editore: Rizzoli
pubblicato: 2014-10-14T22:00:00+00:00


CAPITOLO 34

«Noi non le chiamiamo pistole.»

«Sì, sì, lo so. Avevo dimenticato. Volevo dire “macchinetta”. Macchinetta per tatuaggi» disse Lon Sellitto.

«E preferiamo “skin art” o “lavoro”. “Tatuaggio” ha una connotazione culturale che non mi gratifica.» La donna minuta, piena di tatuaggi (skin art?), osservò Sellitto da dietro un immacolato bancone di vetro, al cui interno erano ordinatamente disposti confezioni di aghi, parti di macchinette (non pistole), libri, pile di stencil per tatuaggi, penne lavabili di tutti i colori. Prima disegna, poi tatua, ammoniva un cartello.

Lo studio era pulito come quello di TT Gordon. A quanto pareva i tatuatori autentici prendevano la faccenda delle malattie molto sul serio. Quella donna dava perfino l’impressione che per starnutire sarebbe uscita dalla stanza.

Si chiamava Anne Thompson ed era la proprietaria del Femme Fatale Modification and Supplies. Sui trentacinque anni, capelli neri corti e solo un gradevole piercing al naso, molto carina. E il suo fascino in parte era dovuto ai colorati tatuaggi (okay, opere d’arte) sul petto, sul collo e sulle braccia. Uno, sul petto, era la combinazione di un serpente con un uccello. Ricordava vagamente a Sellitto un’immagine che aveva visto qualche volta in vacanza in Messico, un simbolo religioso. Sul collo c’erano alcune costellazioni, non solo le stelle, ma anche gli animali a cui si ispiravano. Cancro, scorpione, toro. E quando si girò, vide due rosse scarpette scintillanti sulla spalla. Sembravano vere. Dorothy, mia graziosa…

’Fanculo l’arte, Linc. Ecco cosa penso dell’arte.

Ma non questa. A Sellitto piacevano quelle immagini. Gli piacevano davvero. Sembravano muoversi, espandersi e contrarsi. Quasi tridimensionali. Come diavolo era possibile? Era come guardare dei quadri viventi. O una creatura completamente diversa, qualcosa di non umano, ma più che umano. Gli ricordavano certi videogame con i quali aveva giocato suo figlio da adolescente. Sellitto ricordò che guardava al di sopra della spalla del ragazzo. «Cos’è quello?» indicando una creatura del gioco. Sembrava un serpente con le gambe e sfoggiava una coda di pesce e una testa umana.

«Un nyrad, no?» Come se fosse ovvio.

Oh. Sicuro. Nyrad.

Sellitto alzò lo sguardo e si accorse che era stato beccato a fissare il petto della donna.

«Io…»

«Nessun problema. Sono lì per essere guardati. Plurale maschile. I lavori, intendo. Non le tette.»

«Io…»

«L’ha appena detto. Non sto pensando che è un vecchio sporcaccione. E sta per chiedermi se fanno male.»

«Macché, me lo immagino che facciano male.»

«Eccome. Ma c’è qualcosa che non fa male, nella vita, se è importante?»

Sesso, cibo e acciuffare uno stronzo di criminale, pensò Sellitto. Di solito queste cose non facevano male. Ma si strinse nelle spalle. «Quello che stavo per chiederle è se li ha disegnati lei. Realizzati, intendo.»

«No, sono andata da un’artista di Boston. La migliore della East Coast. Volevo il Quetzalcoatl. Una divinità messicana.» Il suo dito toccò il serpente sul petto. «Ci siamo parlate per un paio di giorni e abbiamo fatto conoscenza. Ha disegnato il serpente piumato e mi ha consigliato le costellazioni. E anche le scarpette di Dorothy.» Sorrise. Anche Sellitto sorrise. «Non è mia intenzione schierarmi politicamente, ma lo faccio. Vede, è così che le donne gestiscono un tatuaggio.



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